Senso e storie

Bruno Fornara

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Il cinema comincia, quando deve inventare se stesso, come cinema dello sguardo fisso. La mossa successiva è il percorso da fissità a fissità: e Méliès arriva sulla luna. Poi si esplora la scena con il montaggio: quello trasparente, da Griffith fino a noi; quello esibito, da Ejzenstein a tutte le avanguardie. La modernità è il piano sequenza, lo sguardo in continuità. Infine ritorna fuori la primordiale fissità. Non c’è altro: montaggio nascosto o esibito; macchina ferma o in movimento. Fine dell’era delle scoperte cinematografiche. Chi oggi ha, ancora, una visione evoluzionistica pensa che ci sia, ancora, qualcosa da scoprire. Ma Bazin non potrebbe più scrivere un saggio come Evoluzione del linguaggio cinematografico. Fine del nuovo. Domanda che ci guarda e riguarda: a cosa serve allora la critica cinematografica? C’è chi si danna a cercare il nuovo e nuovi canoni. Ma i canoni si disfano, i nuovi autori deperiscono. Intanto, la tendenza del racconto per immagini non è più quella del creare senso con la messinscena. È semplicemente quella del raccontare serie e storie a un pubblico che vuole storie in serie. [Noi vecchi critici credevamo fosse la messinscena con aperture di senso a essere il bello del cinema. È ancora così?]

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