Austerlitz è un documentario del regista ucraino Sergei Loznitsa, che porta lo spettatore a interrogarsi su cosa sia oggi la Memoria della Shoah.
Ci sono luoghi in Europa che sono rimasti come ricordi dolorosi del passato, fabbriche dove gli esseri umani erano trasformati in cenere. Questi luoghi sono ora luoghi della Memoria, aperti al pubblico sono visitati da migliaia di turisti ogni anno. Questo film è una osservazione dei visitatori di un sito per il ricordo, nato negli spazi di un ex campo di concentramento. Perché le persone ci vanno? Che cosa stanno cercando?
Il regista si ispira concettualmente e visivamente all’omonimo romanzo di Sebald, che abbina alla narrazione immagini fotografiche, che aiutano il protagonista a ricostruire la propria storia, la propria memoria. Lozintsa, sempre in bianco e nero e a macchina fissa, riprende il percorso di una visita al campo di concentramento di Sachsenhausen, riprendendo i luoghi esatti in cui erano costretti a muoversi i prigionieri. La massa di turisti cammina per il campo, entrano ed escono dai forni, si fermano per mangiare, scattano fotografie, alcuni scattano selfie sotto la scritta “Arbeit macht frei”. Alcuni atteggiamenti e alcuni abbigliamenti paiono inadeguati, ma in realtà come si comporterebbe ognuno di noi?
Questo lavoro mette da parte qualsiasi retorica già sentita nell’affrontare il tema della Shoah. Non è finalizzato a giudicare, il regista ci mostra soltanto i luoghi e le persone, scegliendo una forma di rappresentazione che può sbigottire nella sua oggettività.
Forse la Memoria del Novecento si sta perdendo, o sta mutando, a causa di un movimento tra due poli opposti: da un lato sovrabbondanza o addirittura spettacolarizzazione, dall’altra un’inevitabile e sempre più vasta distanza, che spinge gli eventi tragici in uno spazio quasi surreale. I turisti, salvo rari casi, non sono irrispettosi, quello che emerge è più un senso di smarrimento e di incomunicabilità tra la storia delle vittime di quello sterminio e il mondo di oggi.
NOTE DI REGIA
«L’idea di fare questo film mi è venuta perché visitando questi luoghi ho sentito subito una sensazione sgradevole nel mio essere lì. Sentivo come se la mia stessa presenza fosse eticamente discutibile e avrei voluto davvero capire, attraverso il volto delle persone, degli altri visitatori, come ciò che guardavano si riflettesse sul loro stato d’animo. Ma non nascondo di esserne rimasto, alla fine, abbastanza perplesso. Ciò che induce migliaia di persone a trascorrere i fine settimana estivi in un ex campo di concentramento è uno dei misteri di questi luoghi della Memoria. Si può fare riferimento alla buona volontà, al desiderio di compassione e pietà che Aristotele collega con la tragedia. Ma questa spiegazione non risolve il mistero. Perché una coppia di innamorati o una madre con il suo bambino vanno a fare visita ai forni crematori in una giornata di sole estivo? Ho concepito questo film per cercare di confrontarmi con queste domande». Sergei Loznitsa
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