Il noir è probabilmente il genere più caratteristico degli anni dell’immediato secondo dopoguerra e quello che più racchiude la capacità di un’arte popolare come il cinema hollywoodiano di riflettere i malesseri della modernità e delle società metropolitane.
Frutto ibrido che riprende la tradizione letteraria americana dell’hard boiled – introdotta a Hollywood da scrittori come Hammet e Chandler che vi lavorarono come sceneggiatori – e il contributo spesso critico verso l’America di tutta una generazione di registi europei immigrati in California, il noir riassume molte delle insicurezze che aggredirono il tessuto sociale e culturale degli Usa sia durante il secondo conflitto mondiale che negli anni immediatamente successivi.
La solitudine dei protagonisti, la fotografia notturna ed espressionista, il carattere sinistro dell’ambientazione urbana, la violenza inusitata, le poco rassicuranti “donne fatali” descrivono infatti il clima di profondo scetticismo e disincanto di un mondo dal destino sempre segnato, in cui il passato – organizzato spesso attraverso flashback di grande complessità formale – si configura come una tara capace di intaccare in maniera indelebile il presente.