Lettere dal deserto

di Michela Occhipinti

Italia

2010

55'

Non ci sono proiezioni in programma

La regista presenterà il suo ultimo film in anteprima per Bergamo

Il mondo corre. Hari cammina. Le sue scarpe consumate percorrono lunghe distanze nel deserto per recapitare messaggi chiusi in lettere scritte a mano, dalla calligrafia preziosa, da consegnare a destinatari che abitano villaggi sperduti, chiusi in una dimensione temporale dimenticata, fuori dal mondo. Un ritorno alla lentezza, e alla natura, quella inospitale del deserto del Thar. 

Michela Occhipinti
Trascorse l’infanzia tra Roma, Hong Kong, Ginevra e il Marocco, dal 1991 è a Milano e poi a Londra dove inizia a lavorare come ricercatrice ed assistente di produzione nella produzione di documentari e di pubblicità. Nel 2003 viaggia per un anno in Sud America dove produce e dirige il suo primo documentario ¡Viva la Pepa! (ridateci la Costituzione). Sei Uno Nero (2008) è un documentario no profit sull'apertura di una radio per la prevenzione dell'HIV e della malaria in Malawi. Lettere dal deserto ha partecipato a oltre 80 Festival nel mondo vincendo più di 20 premi.

www.freequency.it
Non lo troverete nelle sale, ma ha già raccolto tantissimi riconoscimenti all'estero, nei festival dedicati al documentario e non solo. Non ce lo troverete per un fatto culturale, di mercato, e forse anche per quel sottotitolo, elogio della lentezza, quasi sovversivo in un'era di velocità. E' la lentezza di una bicicletta che attraversa il deserto del Thar, in India. Di una lettera scritta a mano e recapitata dopo chilometri di fatica. Di una lettura soppesata sempre di Hari, il postino a beneficio di chi non sa leggere, e dei gesti per strappare una cattiva notizia, da disperdere nel vento come una pioggia di coriandoli. Ma è anche lentezza di una tecnologia che avanza inesorabile, cambiando tutto: dalla linea del panorama, con il ripetitore di una rete per cellulari, alle abitudini e ai rapporti tra le persone.
Documentario in questo contesto suona davvero, e più del solito, come una brutta parola. Diciamo che «Lettere dal deserto» nasce come film puro, e coinvolgendo via via la (poca) gente incontrata sul posto, facendogli rivivere con naturalezza momenti assolutamente reali, soprattutto per avere il tempo di mettere la cinepresa fissa su un treppiedi, immobilità necessaria in una simile stasi di tempo e di luoghi, si contamina con un tanto di film, ma davvero poco in termini di finzione. Il racconto di Michela Occhipinti è semplice: descrive l'inversamente proporzionale del rapporto umanità/tecnologia, qualità/velocità, nell'ambito della comunicazione, mettendo idealmente un abbraccio a un estremo e forse un sms all'altro, senza alcuna retorica ma più di un pizzico di poesia.

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