Solipsiae

Solipsiae

di Marco Manzoni

Uno scultore necessita di un folto giardino. Di giorno esegue calchi funebri ai morti del villaggio, consegnando alle rispettive famiglie non le spoglie autentiche ma una copia in cera coperta da maschera mortuaria.
I cadaveri, deposti con cura nel terreno dietro casa, fanno maturare il giardino, mentre le colonie di funghi alimentate dalla loro decomposizione generano in chi vi passeggia visioni inaspettate.

Note di regia

I funghi, elementi in bilico tra regno animale e vegetale, si impossessano del corpo umano al suo più recente stadio evolutivo e lo scompongono in organismi più semplici dal punto di vista biologico, ricordandogli che tutti i viventi hanno progenitori comuni.
In tale processo la morte diviene una necessità nel momento in cui la specie umana è in grado di generare esseri appartenenti a famiglie differenti, a partire dai batteri: si pone alla base dell’esistenza. Una vita senza morte è in-finita, dunque incompleta, mancante e non realizzata. Nella cultura occidentale viene ostracizzata, il suo concetto assume sfumature negative. Il morente è osceno, esonerato ai margini della città. Si cerca di combattere la sua fine in tutti i modi, con il trapianto e l’accanimento terapeutico, si lotta per la sopravvivenza ad ogni costo, senza rendersi conto che tale atteggiamento è frutto di un fenomeno culturale a detrimento delle risorse a disposizione delle generazioni future. La morte è piuttosto momento costitutivo di ogni ecosistema, come fondamento dell’habitat, abito da cucirsi addosso, nuova abitudine a morire per gli altri. Simbiosi è anzitutto morire nell’altro e per l’altro.
I funghi permettono non solo di colonizzare lo spazio, creando il suolo adatto alla costituzione di ogni habitat a partire dai corpi in decomposizione, ma anche l’esplorazione di nuove forme di intelligenza, tramite l’instaurazione di reti di coscienza che legano gli esseri umani ad organismi più semplici dal punto di vista evolutivo. Lottando per la sopravvivenza, colonizzano il territorio impiantando colture il cui controllo da origine sempre ad espressioni culturali. I funghi aiutano a realizzare questo fenomeno. La loro scelta come co-protagonisti deriva dalla loro capacità di decomporre i corpi reintegrandone la materia nel ciclo naturale. Al contempo nutrendosi degli stessi permettono alterazioni dello stato percettivo e modalità inedite di relazione col mondo esterno. In questo senso sono generatori d’un nuovo regno, che non risponde alle leggi umane, sorta di giardino delle delizie degenerato all’interno del quale si può superare la tradizionale soglia della percezione. Non è un caso che in differenti culture, come accade in Sudamerica, vengano utilizzati come strumento di comunicazione col Dio (peyote), al fine di effettuare una trascendenza dal sé: sono uno strumento chimico - alchemico.
Nel film si assiste ad una triplicazione del corpo: al cadavere, si aggiungono il simulacro in cera e la proiezione sensoriale. Tramite i funghi lo scultore entra in relazione con ciò che sta al di là della morte, esperisce un mutamento dimensionale. Mentre i parenti cercano di eludere la caducità della vita separandosi dal morto nel momento di estremo addio, fissandone la bellezza esteriore, lo scultore con un atto apparentemente terroristico ne elogia il trapasso, dando appuntamento alla donna nell’al di là di una proiezione mentale.

Paese: Italia
Anno: 2024
Durata: 8'
Formato: 2k
Lingua: Senza dialoghi
Genere: fiction
Sceneggiatura: Marco Manzoni
Montaggio: Stefano P. Testa
Musica: Francesco Crovetto, Gregorio Manenti
Produzione: Andrea Zanoli per Lab 80 Film.
Con il sostegno di MiC e di SIAE, nell’ambito del programma “Per Chi Crea”
Distribuzione: Lab 80 film