Viene presentato al festival Visioni Italiane di Bologna il film Moloch, lungometraggio d'esordio del giovane regista Stefano P. Testa.
Moloch, che viene proiettato venerdì 3 marzo, alle 22,30 al Cinema Lumière, fa parte della sezione Visioni Doc e propone un inconsueto dialogo tra Roberto, sessantenne fuori dagli schemi che racconta con carisma e ironia una vita di scelte anticonvenzionali, e una serie di immagini girate tra gli anni '80 e '90 e recuperate in vecchie VHS ritrovate dal regista in una discarica.
Ai racconti istrionici e intensi di Roberto, in cui si ritrovano esperienze, conquiste e delusioni intime e generazionali, si alternano i filmati con le scene di vita ordinaria che raccontano la consuetudine dell'esistenza condotta nella provincia montana bergamasca, la stessa in cui Roberto è nato e vissuto.
Da un lato il protagonista ricorda il primo schianto in Lambretta, la scoperta del punk, l'impiego come bidello alla morte improvvisa del padre (con Moby Dick e Delitto e castigo aperti da leggere sulla macchina lucidapavimenti), un matrimonio completamente anticonvenzionale, l'impegno politico. Dall'altro i VHS riportano in vita festicciole in famiglia, partite di calcetto, cerimonie organizzate "coi sacri crismi".
Si compone così un doppio ritratto, fatto da una parte di profondissime umanità e originalità e dall'altra del pacato ripetersi delle convenzioni della vita di provincia.
«Moloch è il sistema che divora e fagocita tutto e tutti - dice il regista Stefano P. Testa -, la macchina dal moto perpetuo dalla quale non è possibile scendere. Forse Roberto quando me ne parlava era particolarmente interessato ad Allen Ginsberg o forse i drammatici cambiamenti che ha dovuto affrontare lo hanno reso più sensibile a certe tematiche. Le domande che mi restano e che voglio condividere con chi vede questo film sono fastidiose e impertinenti: cos’è che spinge un individuo a cercare strade alternative di pensiero? Dove porta l’essere costantemente contro il sistema e le convenzioni sociali? Fino a che punto si possono rinnegare le proprie origini senza sentirsi falsi e artefatti?».
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