Lucy rifiuta la realtà così come è. Rifiuta di vivere il proprio tempo storico. Vuole essere in un “altrove”, perseguire un proprio progetto personale e individualistico. Un cammino tipico dei personaggi di Mankiewicz.
Il quale accentua questo fatto, come più tardi con la Maria Vargas di La contessa scalza, fissando con la macchina da presa lo sguardo di Lucy che vaga lontano, che vede oltre la realtà presente. La fuga di Lucy avviene dapprima nello spazio: assieme alla figlia Anna e alla fidata domestica Martha, affitta una casa isolata in riva al mare. Da sempre, del resto, il mare è elemento di libertà e uguaglianza. [...] Il fantasma, sembra dirci Mankiewicz, è soprattutto la paura che se ne ha. La paura, o il desiderio. E qui, più quest’ultimo. La regia lo fa apparire e scomparire solo quando è importante che appaia o scompaia psicologicamente per Lucy. Non crediamo quindi alla sostanza del fantasma, ma sap- piamo cos’è: una proiezione del subconscio della donna.
Tratto da «Joseph L. Mankiewicz», La Nuova Italia, Firenze 1991