Dire che tutto ha preso le mosse da Vertigine è di certo azzardato, eppure le qualità migliori di Preminger - un'ambigua secchezza di disegno, la capacità da vecchio lupo di spettacolo di costruire ampi e minuziosi meccanismi drammatici, il gusto per la parafrasi poliziesca e avventurosa, politica e storica e razziale, purchè centrata su una sceneggiatura di fredda e forte struttura "professionale" - si rinvengono già lucidissime in quel film, e in trasparenza assai più seducenti che in tanti altri film che l'hanno seguito. Così com'è tipica la tenacia con cui Preminger - nato per dirigere attori in teatro, allievo e successore di Max Reinhardt e, occasionalmente, godibile anche se insistito caratterista: si pensi alla figuretta del sottufficiale sospettoso e tonto schizzata in Stalag 17 di Billy Wilder - ha lanciato nel cinema un attore come Clifton Webb, e ha valorizzato la partecipazione di Gene Tierney, bizzarra diva sognante e puntuta, in quegli anni già largamente consacrata, dopo aver esordito nel 1940 in Il vendicatore di Jess il bandito di un altro austriaco, Fritz Lang.
Tratto da Vera Caspary, «Laura», Mondadori, Milano 1977